Carriglio rilegge “La Locandiera” di Goldoni, protagonista Galatea Ranzi

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Un capolavoro del teatro di tutti i tempi, La Locandiera di Carlo Goldoni, ritratto femminile di assoluto riferimento, arguto, intelligente, moderno, torna sulle scene italiane nella nuova coproduzione realizzata dagli Stabili di Palermo e Catania. Un successo annunciato che si basa sull’innovativa lettura di Pietro Carriglio e su un cast e allestitori di straordinaria qualità, che ha già riscosso l’apprezzamento del pubblico palermitano e della critica più autorevole.

Galatea Ranzi è la protagonista dello spettacolo che ha debuttato in prima nazionale il 26 gennaio al Teatro Biondo con la regia, le scene e i costumi di Carriglio, da lunghi anni autorevole direttore dello Stabile palermitano. La programmazione prosegue al Verga di Catania dal 9 al 28 febbraio e, successivamente, in tournèe nazionale a Genova e Roma. In scena Luca Lazzareschi (il Cavaliere di Ripafratta), Nello Mascia (il Marchese di Forlipopoli), Sergio Basile (il Conte d’Albafiorita), Luciano Roman (Fabrizio) e ancora Domenico Bravo, Eva Drammis, Aurora Falcone, Maurilio Giaffreda, Samuel Kwaku Gyamfi, Jennifer Schittino. Le musiche dello spettacolo sono di Matteo D’Amico, le luci di Gigi Saccomandi.

Pietro Carriglio torna al teatro di Goldoni e alla Locandiera, a tanti anni di distanza da una precedente edizione, che aveva realizzato allo Stabile di Palermo negli anni '80. La commedia, esemplare congegno teatrale sulle vanità e i vizi di un Settecento in caduta libera, è andata in scena per la prima volta durante il Carnevale di Venezia del 1753. L'attraente e astuta Mirandolina, prototipo della donna moderna, è oggetto di galanti attenzioni da parte di due clienti della locanda che gestisce a Firenze con l'aiuto di Fabrizio, suo cameriere e spasimante: il Conte di Albafiorita, che spera di veder ricambiati i doni di cui la ricopre, e il decaduto Marchese di Forlipopoli, che invece ne pretende l'affetto.

L'astuta locandiera non si concede a nessuno dei due, lasciando viva l'illusione di una possibile conquista. L'arrivo del Cavaliere di Riprafratta, aristocratico altezzoso e misogino incallito, che disprezza ogni donna, sconvolge il fragile equilibrio instauratosi nella locanda. Il Cavaliere, ancorato alle sue origini di sangue blu, lamentandosi del servizio scadente, detta ordini a Mirandolina, e rimprovera il conte ed il marchese di essersi abbassati a corteggiare una popolana. Mirandolina, ferita nel suo orgoglio, promette di far sì che il cavaliere misogino s'innamori di lei. Ma il suo cuore libero e intraprendente batte infine per il fedele Fabrizio.

Lo spettacolo di Carriglio si libera dagli stereotipi del “goldonismo”, focalizzando l'attenzione sullo straordinario meccanismo teatrale dell'opera, su alcuni aspetti tradizionalmente poco analizzati del testo, su un'inedita e sorprendente caratterizzazione del personaggio della Locandiera e sull'impianto figurativo, che richiama i dipinti del Tiepolo e di altri pittori.

La locandiera, considerata una delle più belle commedie del mondo, definizione che è ricaduta su Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, La mandragola di Machiavelli e La brocca rotta di Kleist, è tra quelle commedie che Carriglio definisce «meccanismi ad orologeria perfetti». Spiega il regista: «Vi è un sottile piacere del teatro, del fare teatro che coinvolge e che stupisce. La locandiera è un orologio, un orologio del gran Settecento, scandisce il tempo che passa inesorabilmente, senza la possibilità di essere fermato dai virtuosismi o dal gioco sottile che muove gli ingranaggi: e amareggia profondamente».

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