Eros Pagni torna a Goldoni con “L’impresario delle Smirne”

Eros Pagni

Eros Pagni si riconferma grande protagonista goldoniano in quel raro gioiello che è L’impresario delle Smirne, rivisitato in un nuovo allestimento fino a farne un omaggio a Nino Rota, secondo un’impostazione ispirata dallo stesso attore al regista Luca De Fusco, pronto ad estendere l’artistico amarcord alle collettive memorie felliniane, a cui è da sempre particolarmente legato.
Il risultato è una produzione di grande successo, frutto della collaudata sinergia tra lo Stabile di Catania e del Veneto. Dopo tanti anni la commedia torna così sulle scene nell’adattamento di De Fusco e Antonio Di Pofi, che ha curato anche l’elaborazione musicale; le scene sono firmate da Antonio Fiorentino, i costumi da Maurizio Millenotti, le coreografie da Alessandra Panzavolta, le luci da Emidio Benezzi. Accanto a Pagni agisce un cast corale di qualità che annovera, in ordine rigorosamente alfabetico, Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Alberto Fasoli, Piergiorgio Fasolo, Max Malatesta, Giovanna Mangiù, Matteo Mauri, Alvia Reale, Paolo Serra, Enzo Turrin. Lo spettacolo, in tournée nazionale, approda al Teatro Verga dal 5 al 24 gennaio.

Da tempo Luca De Fusco cercava una dimensione di “teatro musicale” adatta ad uno Stabile, oggi che i generi sono meno divisi da rigidi steccati. E il teatro di Goldoni è di per sé molto “musicale”, perché la sua scrittura geometrica e corale si avvicina a quella di una partitura. Come si accennava, la concreta realizzazione del progetto si deve alla sollecitazione di Eros Pagni, nel cui ricordo vive la smagliante edizione firmata da Visconti, con le musiche di Rota. Anni dopo, vedendo il film Il padrino, Pagni riconobbe nel celebre tema la riscrittura di un’aria dell’Impresario.

L’edizione odierna racconta di una scalcinata e scombinata compagnia degli anni ’50, intenzionata a portare a Smirne una messinscena ambientata nel Secolo dei Lumi, in parallelo con la vicenda settecentesca immaginata da Goldoni che segue le sorti di una compagnia lirica di terza categoria. Sottolinea il regista: “Mi hanno colpito le analogie tra i personaggi dell’Impresario e quelli che popolano il mondo dei film di Fellini: è sorprendente la precisione con cui Goldoni disegna i suoi bozzetti sociali, molto simile a quella dei caratteri del cinema felliniano. Penso, ad esempio, a La strada o a Le notti di Cabiria.”

Le musiche di Rota per L’impresario sono proposte nel terzo atto, mentre nelle altre parti si ascoltano le celebri melodie che il maestro scrisse per le colonne sonore dei film di Fellini. Annota De Fusco: «Condensate le citazioni settecentesche, abbiamo raccontato l’esile vicenda (in cui il testo goldoniano viene sostanzialmente rispettato, adottando solo gerghi dialettali come inizialmente previsto dall’autore) come una sorta di gioco teatrale in cui la nostra compagnia si racconta. C’è spazio per la passione per il musical di Gaia Aprea, che torma al suo primo amore; emergono anche le imprevedibili passioni per la danza di due dei nostri attori veneziani e quelle di attrici solitamente “impegnate”. Personalmente ho messo nello spettacolo il mio grande amore per Fellini e mi sono divertito ad inventare numeri teatrali sospesi tra l’avanspettacolo e il surreale, tra il gioco e l’astrazione. Addirittura ci concediamo un finale da passerella che è quanto di più lontano dallo stile teatrale da “stabile”. Noi ci siamo molto divertiti a farlo; speriamo che gli spettatori si divertano molto a vederlo».

È nato così uno spettacolo “metateatrale”, sostenuto dalla leggerezza di due geni come Rota e Fellini, che come pochi hanno saputo creare in una dimensione di “allegra malinconia”.

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