La Banda Osiris al Piccolo Teatro

accompagnati dall'attore Eugenio Allegri si sono esibiti in "Tingeltangel" ispirato al celebre cabarettista tedesco Karl Valentin

Uno spettacolo
uscito dalla tasca di Eta Beta. O - attenendoci all’ortodossia filologica -
dalla mente di quel genio del cabaret che è stato Karl Valentin. E’ infatti a
“Tingeltangel” dell’autore tedesco (1882-1948) la Banda Osiris, con
l’evidente complicità dell’attore Eugenio Allegri - proprio nei panni di un
redivivo Valentin – si è liberamente ispirata, presentando l’omonimo show
sui legni di uno straripante Piccolo Teatro. Con il pianoforte un po’
organetto, un po’ slot machine un po’ macchina delle meraviglie di Oz, un
po’ computer clawnesco, il tutto immerso in un’aura di folle racconto - mani
e fiato a trombe tromboni e violino - i cinque hanno dato vita ad una comica
musicale difficile da definire: troppi infatti sono stati i confini dei generi
(anche musicali) continuamente violati: jazz, folk, rock, blues. Intessuto su
giochi di parole, sugli equivoci linguistici, sull’utilizzo del corpo e del
gesto, “L’ultimo suonatore”, è la caotica storia di Avanti, Nubifragia,
Canicola & Nevica, ovvero l’atipica orchestrina che si accinge ad una
prova generale tra lazzi, scherzi e divagazioni d’ogni sorta. Una prova che
ovviamente non avrà mai luogo. D’altro canto Eugenio Allegri con una
cerimoniosa nonchalance tiene in pugno compagni di merenda e spettatori, detta i
tempi dei loro interventi musicali, distillando dalla sua familiarità con la
Commedia dell’Arte le maschere care ora ad Aristofane, ora a Ruzante, ora a
Gozzi e calandosi in un’aura circense e fiabesca. Solo nella fiaba infatti
l’archetto d’un violino e la bacchetta da direktor diventano spade; e mentre
si cita Rostand “duel facendo”, trombe e tromboni si mutano in macchina per
scrivere, la grancassa in lavatrice.
La Banda Osiris nella sua giullaresca
performance dà vita a motivi piacevolmente dissonanti, finge stecche
ignominiose; in un piacevolissimo limbo musicale frammischia Domenico Modugno e
Vecchioni; cincischia dissertando su un “intervallo” che non comincerà mai
per poi strizzare l’occhio alla satira contro il regime: passato (parafrasando
il Duce) e presente con qualche trasparente allusione musicaleggiante: forse era
un Gaber forse no… In un finale che non è finale, durante un bis che si
ostinano a negare, spassosa marmellata sincopata letterar-musicale a base di
Dante, D’Annunzio e Leopardi: se non sono fuori di testa loro…

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