«Concittadini, segnalate al Comune che è urgente restaurare questa Cappella», si legge nel cartello scritto a mano che qualcuno ha apposto sul cancelletto del “Crocifisso cinquecentesco” nella zona Milicia a Misterbianco.
Una cappelletta antica con un affresco religioso di autore ignoto, un’icona che è un pezzo di storia della città. Oggi visibile sulla strada, tra la scuola Pitagora, il Museo della Civiltà contadina, la pista di skateboard, un campetto di calcio in sintetico ed altri impianti moderni. Ma dove il moderno nel tempo ha sostituito l’antico, scendendo oggi verso la zona commerciale, si trovava una volta un’importante strada di collegamento, chiamata Pompeana, che portava dal Fortino Vecchio di Catania attraverso Monte Po, Mezzocampo, l’odierna Misterbianco, contrada Tiritì, poi fino a Palermo; un’arteria utilizzata addirittura dalle milizie romane (da qui, ci dicono, il nome “Milicia” dato al quartiere). E qui vennero ad accamparsi gli avi misterbianchesi fuggiti dalla lava, trovandovi un prezioso pozzo d’acqua.
Insomma, uno dei “luoghi della memoria” della comunità, sconosciuto forse alle nuove generazioni, ma da custodire.
La modesta cappelletta, segnalata da un cartello manomesso, è stata da sempre - con il suo antico affresco popolare - esposta alle intemperie; una volta asfaltate strada e piazza attigua, risulta più bassa e meno protetta, ed occorre probabilmente salvaguardarne la staticità con lavori di consolidamento della base; e qualche piccolo restauro all’affresco e alla struttura potrebbe restituirla dignitosamente alla fruizione originaria, con un forte valore anche simbolico. Non occorre poi molto, in verità.
Raccogliendo l’appello di molti cittadini, ora il Centro Studi “Vittorio Bachelet” di Misterbianco si fa promotore di iniziative per “U Crucifissu d’a Milicia”, bisognoso di attenzione e di cure. Mostrandoci la copia di un articolo di stampa di ben 38 anni fa - in cui si esprimevano timori per le sorti dell’icona, a rischio di andare distrutta a seguito della costruzione di nuove strade - il presidente del sodalizio avv. Salvatore Saglimbene ci conferma: «Intendiamo sostenere quanti credono nella tutela e conservazione dei beni culturali e delle nostre tradizioni; vogliamo mantenere vivo questo bene che ci è stato tramandato dai nostri padri a ricordo della loro permanenza a causa dei terribili eventi dell’eruzione lavica del 1669 e del terremoto del 1693. Solo la buona volontà degli uomini può salvare dall’incuria questo monumento che ricorda le peripezie e i sacrifici degli antenati che edificarono questo paese».
La Sicilia
30/08/2016