E' sempre interessante leggere testimonianze dello sconfinato patrimonio archivistico del nostro Comune, specie quando si scopre che non tutto su di esso è stato detto.
“Emigrati, emigrazione, passaporti”, una scolorita scrittura ne indica il contenuto del faldone e la curiosità si accende. Passaporti? Inizio a riordinare i fogli di carta, le lettere, i telegrammi, i documenti della “ regia questura”; disposizioni, regolamenti e richieste si incrociano e la rete dell'emigrazione dei nostri avi dalla fine dell'800 agli anni '30 è già pronta.
A cornice di tutto ciò le “Domande di passaporto per l'estero” con allegata la foto di ogni richiedente, visi segnati da un tempo ostile, giovani volti illuminati da speranze e da sogni, sguardi smarriti ed altri rassegnati.
Gli storici hanno individuato, nel primo ventennio del '900, un esodo migratorio molto più elevato in Sicilia che nelle altre regioni meridionali d'Italia e nel nostro Comune, nel primo decennio del '900, più di 600 misterbianchesi sono partiti oltre alpe e oltre oceano e molti di loro richiedevano il passaporto per “un solo viaggio”.
Un solo viaggio, un solo sogno, una sola incertezza...tutti verso un Paese straniero, dal quale non si prevedeva il viaggio di ritorno, tutti assoggettati al rispetto di infinite regole e restrizioni. Dal Paraguay all'Argentina, dagli Stati Uniti ( New Orleans, Filadelfia) al Canada, in Algeria, a Malta e poi ancora a Marsiglia, in Francia, Romania e Ungheria...
Si partiva per trovare un lavoro, per raggiungere il marito o il padre o i figli emigrati prima, si partiva per cercare una dignità a quella vita che li aveva traditi.
Donne e uomini di tutte le età, operai, contadini, muratori che vedevano oltre confine i miraggi di un futuro possibile, ma i miraggi ingannano e così, come testimonia una nota della questura di Catania, giungeva l'avviso ai Comuni di diffidare e rendere noto agli emigranti di non arruolarsi presso la Compagnia Barcellona “Riegos y fuerza hidraulica del ebro” in quanto operai italiani ne erano rimasti danneggiati e sfruttati. Naturalmente i malfattori erano sempre in agguato e c'era chi approfittava dei “fanciulli”, come nelle vetrerie francesi che sfruttavano il lavoro minorile. Minori costretti per due anni all'estero, privati della libertà e spesso maltrattati, il cui lavoro produceva uno scarso reddito per i genitori e un reddito molto più alto per gli incettatori.
La forza lavoro era costituita da emigranti uomini, ma anche da donne e da minori, il lavoro veniva regolarizzato con circolari del commissariato dell'emigrazione contenenti le normative che gli stati esteri stabilivano per chi entrava nel proprio Paese. Dall'America e dall'Inghilterra si richiedeva ai “viaggiatori della fortuna” non solo il biglietto di sbarco, ma di “portare seco una somma pari a lire 125 e altro denaro necessario alle spese di prosecuzione all'interno delle federazioni” (circolare del 1909). E ancora si richiedeva di non avere malattie o imperfezioni tali da divenire un aggravio per i contribuenti del Paese ospitante, di non avere carichi pendenti e soprattutto di avere un mestiere.
Nel 1909 giungeva presso il nostro Comune una circolare della prefettura che informava della necessità di istituire i libretti di lavoro per donne e fanciulli emigranti: tutto era regolarizzato e per niente facile. Il flusso migratorio se da un lato procedeva come un fiume in piena, dall'altro era frenato da normative e controlli che verificavano la regolarità dei passaporti.
In seguito agli anni venti, il fascismo con la sua ideologia nazionalistica e imperialistica, pose limiti all'emigrazione, per esempio richieste di espatrio venivano rifiutate e curiose circolari informavano i Comuni a non concedere i passaporti ad operai specializzati nella costruzione delle fisarmoniche, per non esportare fuori dal Paese la loro arte .... Giungevano, da vari Paesi esteri, lettere che comunicavano mancanza di lavoro per gli immigrati e difficoltà ad inserirli nelle proprie città e circolari che vietavano di concedere passaporti a commercianti, che poi si rivelavano venditori ambulanti, considerato che in “tutti gli Stati di Europa, nelle Colonie, Protettorati e Concessioni è proibito agli stranieri l'esercizio di vendita ambulante”...; insomma c'era tanta voglia di lavorare, ma ostacoli e limitazioni rendevano tutto arduo e spesso impossibile.
Il presupposto da cui muove questa pubblicazione appare assai significativo in un momento storico così difficile per le immigrazioni che travolgono il nostro Paese. Oggi la Sicilia da Paese emigrante si trasforma in Paese accogliente, senza alcuna limitazione.
Ma nulla è veramente cambiato... continuano a fluire le storie di uomini con le loro speranze, le loro paure e le loro insicurezze per un'integrazione che, così come i nostri avi, mira a raggiungere la realizzazione di un sogno... e sentirsi “a casa”.