"Una comunità e una campana", nel 353° anniversario della devastante eruzione dell'Etna

Aliva 'MpittataTra il 28 e il 29 marzo 1669 la lava dell’Etna ricopriva gran parte del vecchio Comune di Misterbianco, che il 31 marzo ne restava poi completamente sommerso. Momenti rimasti indelebili nella storia e nella memoria locali. Il campanone della chiesa Madre odierna è ancora quello che gli avi 353 anni fa portarono giù dal campanile dell’antica Matrice “De Monasterio Albo” a Campanarazzu poi ricoperta dalla lava, e dissepolta negli anni recenti; e nel tempo esso servì pure come autorevole “mezzo di comunicazione” per avvertire la popolazione di pericoli, incendi, lutti.

Tra le sue scritte che vi furono apposte: «Calmo le tempeste, scaccio i demoni, chiamo i vivi e piango i morti». Ora ogni anno, su iniziativa di un gruppo di fedeli, la campana celebra in segno di devozione la notte dell’Immacolata; una tradizione toccante che si rinnova significativamente. Ed essa tre anni fa ricordò col suo suono il 350° anniversario della tragica eruzione che distrusse l’intero abitato.

Quella campana, fusa nel 1598, inizialmente posta su assi di legno e poi sull’antico campanile innalzato, fu portata in salvo con amore dai “padri” misterbianchesi in fuga, assieme a tanti altri preziosi beni comuni: quadri, arredi, libri, registri, che oggi fanno parte del patrimonio misterbianchese; nell’esodo, fu appesa alla “aliva ‘mpittata” - l’ulivo secolare ancora oggi esistente - e quei rintocchi nella devastante eruzione evitarono ai cittadini di disperdersi per le campagne, riunendoli invece come comunità che poi decise di ricostruire il nuovo Misterbianco dov’è oggi. E quei ricordi e luoghi identitari, «attorno a una comunità e una campana», conservano nel tempo una “sacralità” collettiva.

Roberto Fatuzzo
La Sicilia
31/03/2022

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