La transustanziazione, dal latino trans-substantia (cambiamento di sostanza), è quella dottrina cristiana secondo cui mediante la consacrazione eucaristica la sostanza di cui è composta l’ostia si trasforma nel corpo di cristo e la sostanza del vino si trasforma nel sangue di Cristo.
Esiste parimente un’altra e contrapposta dottrina cristiana, secondo cui mediante la consacrazione eucaristica non tutta la sostanza della specie eucaristica (ad esempio il pane) si trasforma in corpo di Cristo ma è presente anche la specie eucaristica (ostia, farina, amido glutine ecc.). Tale dottrina si chiama consustanziazione (cum-substantia) si ha, cioè, la presenza della sostanza originaria (pane, vino) unitamente alla sostanza del corpo di Cristo apportata dalla consacrazione eucaristica.
Secondo la dottrina della transustanziazione, invece, rimangono inalterate solo le “caratteristiche sensibili” (cioè l’apparenza) del pane e del vino, detti «specie eucaristiche», mentre tutta la sostanza viene “convertita” in corpo e sangue di Cristo.
In definitiva secondo tale concezione, dopo la consacrazione “sembra” ancora ostia oppure vino ma, in realtà, tutta la materia è stata trasformata, attraverso le formule liturgiche adoperate del celebrante, in corpo e sangue di Cristo e l’ostia è ostia solo in apparenza ed il vino “sembra” vino ma in realtà è il sangue di Cristo.
In un recente passato si è poi aperta un’ulteriore disputa che vedeva contrapposti quanti ritenevano che la presenza di Cristo nelle specie eucaristiche (ostia e vino) fosse reale in corpo ed anima nel senso che, ad esempio in ogni ostia ci fosse l’intero corpo ed anima di Cristo per cui, se si consacravano 100 ostie, in ciascuna delle cento ostie c’era il corpo di cristo (per cui nel corso della singola cerimonia liturgica si materializzavano cento corpi ed anime di Cristo) e chi, più modernamente e logicamente, sottolineava il carattere simbolico dell’assunzione del corpo di Cristo nel corso della celebrazione eucaristica.
Ma che cos'è questa celebrazione eucaristica? Secondo quanto recita il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica l'Eucaristia “È il sacrificio stesso del Corpo e del Sangue del Signore Gesù, che egli istituì per perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce, affidando così alla sua Chiesa il memoriale della sua Morte e Risurrezione. È il segno dell'unità, il vincolo della carità, il convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della vita eterna”.
Il termine eucaristia deriva dal greco εὐχαρίστω (eucharisto: rendere grazie) e riprende la formula utilizzata da Gesù Cristo nel corso dell’Ultima Cena, momento in cui secondo la Chiesa fu istituito il rito che ogni domenica viene oggi officiato nel corso della santa messa.
Inoltre, secondo quanto riportato al capitolo denominato “L'essenza, l'istituzione e i fini del santo sacrificio della Messa” riportato nel “Catechismo Maggiore di San Pio X”, sull’argomento in questione si hanno le seguenti domande e risposte ufficiali delle autorità ecclesiastiche:
1. L'Eucaristia si deve considerare solamente come sacramento?
L'Eucaristia, oltre essere sacramento, è anche il sacrificio permanente della nuova legge, che Gesù Cristo lasciò alla sua Chiesa, da offrirsi a Dio per mano dei suoi sacerdoti.
2. Che cos'è la santa Messa?
La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo offerto sui nostri altari sotto le specie del pane e del vino, in memoria del sacrificio della Croce.
3. Il sacrificio della Messa è il medesimo della Croce?
Il sacrificio della Messa è sostanzialmente il medesimo della Croce in quanto lo stesso Gesù Cristo, che si è offerto sulla Croce, è quello che si offre per mano dei sacerdoti, suoi ministri, sui nostri altari; ma in quanto al modo con cui viene offerto il sacrificio della Messa differisce dal sacrificio della Croce, pur ritenendo con questo la più intima ed essenziale relazione.
4. Quale differenza e relazione vi è tra il sacrificio della Messa e quello della Croce?
Tra il sacrificio della Messa e quello della Croce vi è questa differenza e relazione; che Gesù Cristo sulla Croce si offrì spargendo il suo sangue e meritando per noi; invece sugli altari Egli si sacrifica senza spargimento di sangue e ci applica i frutti della sua passione e morte.
5. Quale altra relazione ha il sacrificio della Messa con quello della Croce?
Un'altra relazione del sacrificio della Messa con quello della Croce è che il sacrificio della Messa rappresenta in modo sensibile lo spargimento del sangue di Gesù Cristo sulla Croce; perché in virtù delle parole della consacrazione si rende presente sotto le specie del pane il solo Corpo, e sotto le specie del vino il solo Sangue del nostro Salvatore; sebbene per naturale concomitanza e per l'unione ipostatica sia presente sotto ciascuna delle specie Gesù Cristo vivo e vero.
Tutto ciò premesso è adesso facile, dunque, rimettere insieme le idee e identificarsi in una delle precedenti posizioni ed a questo punto, è anche plausibile chiedere al lettore cristiano cattolico di pronunciarsi su quale sia la propria posizione in materia, cioè cosa crede o pensa di dover credere in quanto cattolico in tema di celebrazione eucaristica.
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Si tratta di una trasformazione reale in cui una parte della materia della singola specie eucaristica si è rispettivamente trasformata nel corpo e nel sangue di Cristo.
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Si tratta di una trasformazione simbolica in cui una parte della materia della specie eucaristica rappresenta il corpo ed il sangue di Cristo pur avendosi ancora anche ostia e vino.
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Si tratta di una trasformazione reale in cui tutta la materia costituente le specie eucaristiche si è trasformata rispettivamente in corpo ed il sangue di Cristo e rimane solo l’aspetto “apparente” originario dell’ostia e del vino malgrado si siano trasformati in vero corpo e vero sangue di Cristo molecola per molecola.
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Si tratta di una trasformazione simbolica in cui tutta la materia costituente le specie eucaristiche rimane invariata ma rappresenta rispettivamente il corpo ed il sangue di Cristo che viene assunto dal fedele così da entrare in “comunione con Cristo”.
La risposta corretta ci viene data dalla posizione ufficiale della Chiesa Cattolica come ricavabile dalla vigente catechesi.
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Compendio
271. Che cos'è l'Eucaristia?
È il sacrificio stesso del Corpo e del Sangue del Signore Gesù, che egli istituì per perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce, affidando così alla sua Chiesa il memoriale della sua Morte e Risurrezione. È il segno dell'unità, il vincolo della carità, il convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della vita eterna.
283. Che cosa significa transustanziazione?
Transustanziazione significa la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo di Cristo, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione si attua nella preghiera eucaristica, mediante l'efficacia della parola di Cristo e dell'azione dello Spirito Santo. Tuttavia, le caratteristiche sensibili del pane e del vino, cioè le «specie eucaristiche», rimangono inalterate.
I cattolici, quindi credono e/o “sono obbligati a credere” nella Transustanziazione, cioè nella totale trasformazione di pane e vino in corpo e sangue di Cristo non potendo più “prestar fede” a ciò che vedono i propri occhi, in quanto “tutto” si trasforma mentre rimangono inalterate solo le caratteristiche sensibili di pane e vino che però, come per magia, non ci sono più. Et Voilà!
Il prete cattolico è, quindi, una sorta di moderno “sciamano” (occidentale) che ogni domenica compie delle magie, dette in linguaggio cristiano “miracoli”, attraverso una serie di formule magiche e di azioni e gesti attuati con le mani ed il corpo (benedizioni, genuflessioni ecc.).
Queste magie consistono essenzialmente nel trasformare gli atomi e delle molecole di carbonio degli amidi e dei carboidrati e delle proteine della farina, dei composti etilici, zuccheri, composti azotati, Alcoli, Acido acetico, Aldeidi, Esteri volatili, Sali, Glicerina, sost. Azotate, Polifenoli, tannino del vino ecc. in corpo e sangue di Cristo, cioè i preti hanno la capacità di “manipolare e trasformare la materia” per cui prima del rito eucaristico c’era una certa sostanza e dopo il rito c’è un’altra sostanza completamente diversa…
Questa “magia” si basa su un concetto semplice di trasformazione della materia: “una sostanza si può trasformare in un’altra sostanza…”.
Vi ricorda qualcosa?
Si… la fisica aristotelica!!!!
La formulazione cristiana di trasformazione pane-vino/corpo-sangue esprime, infatti, con le categorie ontologiche aristoteliche di sostanza (che varia a livello profondo e invisibile) e accidenti (che invece non mutano mantenendo i caratteri di pane e vino) la fede della Chiesa cattolica nella presenza reale del Cristo sotto le specie eucaristiche.
Eppure, oggigiorno sappiamo dalla fisica (anche quella dei libri della scuola media..) che le “qualità” caratteristiche di un corpo (peso, colore, contenuto in acqua, resistenza, durezza, conducibilità elettrica, punto di fusione, lucentezza ecc.) derivano dalla natura delle sostanze (atomi e molecole) che lo compongono e conseguono, quindi, da natura e quantità delle particelle che compongono la materia.
Le sue qualità, cioè, derivano e sono conseguenza della specifica natura della materia (atomi e molecole) e del modo con cui le particelle elementari costituenti la materia (elettroni, protoni e neutroni) sono disposte, si muovono ed interagiscono.
In definitiva, ciò ci permette di distinguere la materia secondo la particolare aggregazione delle particelle elementari che la compongono e le sue caratteristiche ne sono la diretta conseguenza.
Il piombo è pesante, l’oro non si ossida, il ghiaccio è fatto di molecole di acqua allo stato solido (H2O) la farina deriva dalla macinazione del grano ed è fatta da amidi, proteine, glutine e sostanze come la Leucosina, Edestina, Gladina, Glutenina e così via.
Il pane è morbido, si mastica ed è nutriente, il piombo è pesante, duro e velenoso.
La fisica aristotelica, nata invece in un tempo in cui non si avevano le odierne cognizioni scientifiche ed in un contesto in cui la fisica era semplicemente una branca della filosofia, invertiva la gerarchia ontologica tra materia e qualità.
Per Aristotele la materia è quasi trascurabile e costituisce un sostrato neutro, presente in ogni punto ove si possa identificare un corpo, ossia dove ci sia uno spazio o un luogo.
Un corpo particolare, cioè una “sostanza” come lui lo definisce, esiste in qualunque luogo questo “sostrato neutro”, che è come una sorta di spugna, sia impregnato di “qualità”(come il calore, l’umidità, il colore e così via) in misura sufficiente a conferirgli una determinata identità individuale.
In tale concezione, quindi, il cambiamento della materia è possibile ed avviene modificando e/o cambiando le qualità, e non tanto la materia, togliendo alcune qualità da una data materia e sostituendole con altre qualità ottenendo un risultato diverso da quello iniziale.
Questo concetto aristotelico della materia, più tardi, fu alla base delle ricerche degli alchimisti che ipotizzavano l’esistenza della famosa “pietra filosofale” che avrebbe permesso di trasformare qualsiasi vile metallo in oro.
Gli alchimisti, seguivano le teorie dell'erudito musulmano Geber (Giabir ibn Hayyan) che, come gli aristotelici, riconduceva ciascuno dei classici quattro elementi della fisica del pensiero greco (fuoco, acqua, terra, aria) nei termini delle quattro qualità di base: caldo, freddo, secco e umido. In questo modo, il fuoco era caldo e secco, la terra fredda e secca, l'acqua fredda e umida, e l'aria calda e umida.
Geber, quindi, teorizzò che ogni metallo fosse una combinazione di questi quattro principi, due di questi interiori e due esteriori e diede abbrivio alla teoria alchemica della trasformazione dei metalli e, quindi, dell’oro.
La fisica aristotelica (che ha lasciato il posto alla fisica newtoniana della materia solo a partire dalla metà del seicento allorché, diversamente, si cominciò a capire che le qualità derivavano dalla specifica sostanza e non la sostanza dalla sommatoria delle sue qualità), fu la teoria scientifica dominante durante tutta l’età ellenistica e tutto il medio evo e sino agli albori dell’età moderna, il cui inizio, come sappiamo, viene fatto coincidere con la scoperta dell’America (anche se alcuni, visto quello in cui credono, sembra che all’età moderna non ci siano ancora arrivati…)
Quindi, quando la “teoria della transustanziazione” si sviluppò (cioè nel basso medio evo) essa si fondava su principi perfettamente coerenti alla fisica allora conosciuta ed era, quindi, pienamente comprensibile e razionalmente ammissibile.
E’ per questo che oggi, la transustanziazione ha la necessità di basarsi sulla formulazione di un “dogma”, cioé di una sospensione del giudizio della ragione, perché oggi, sotto il profilo del ragionamento logico-scientifico, la transustanziazione “scientifica” farebbe ridere i polli, tranne quelli aristotelici e cattolici.
La transustanziazione divenne, infatti, dogma nel 1215 (nel corso del IV concilio Laterano) e fu confermata dal concilio di Trento, quando la Chiesa cattolica, in seguito alla riforma protestante, stabilì i nuovi confini dell’ortodossia.
Il termine, ancorché di precedente formulazione, fu infatti adottato nel linguaggio della Chiesa cattolica solo nel 1215, quando venne utilizzato da papa Innocenzo III nel corso del quarto concilio lateranense. Nel 1551 il dogma venne poi solo ribadito dal Concilio di Trento (1545-1563), che escluse definitivamente il permanere della sostanza del pane e del vino sotto le specie eucaristiche e, quindi, escluse in modo conclusivo la teoria della consustanziazione invocata dai protestanti.
Più tardi, Papa Paolo VI riaffermò nell'enciclica Mysterium Fidei (1965) l'insegnamento tradizionale della Chiesa, per correggere l'opinione di alcuni teologi contemporanei secondo cui il cambiamento avverrebbe solo nel fine religioso ("transfinalizzazione") o nel significato ("transignificazione"): in entrambi i casi il risultato sarebbe, quindi, una presenza di Cristo poco più che simbolica e non, invece, reale come dottamente “insegna” oggi la Chiesa (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, punto 283).
La dottrina della transustanziazione, conformemente alle decisioni prese in seno al sinodo di Gerusalemme (1672), non appartiene solo alla Chiesa cattolica ma anche alla Chiesa ortodossa, mentre la chiesa protestante accetta la Consustanziazione. Solo i seguaci di Zwingli (teologo svizzero del periodo della Riforma Protestante e fondatore della Chiesa riformata svizzera) ritenevano e ritengono saggiamente che la presenza di Cristo fosse solo simbolica nella celebrazione eucaristica.
Per questo motivo, il cattolico più folle che si conosca è il cattolico affetto da celiachia che resta convinto della accettabilità del concetto di transustanziazione anche se è costretto a ricoverarsi in ospedale dopo aver assunto un’ostia sacra piena di glutine solo “apparentemente” non trasformato.
Ma se l’ostia si era tutta trasformata in corpo di Cristo cosa diavolo ti ha fatto male?!!! Caro Catto-celiaco, se proprio non puoi fare a meno di credere in certe diffuse e radicate superstizioni medievali (diavolo compreso), almeno sii più coerente e convertiti al protestantesimo che ammette che dopo la consacrazione sciamanica ci sia ancora l’ostia (con tutti i suoi componenti, glutine compreso) oltre al corpo di Cristo; oppure per estrema (salutare) cautela “…‘sto catto-celiaco superstizioso si faccia “Zwingleriano” e basta…” (…E, parafrasando il grande Totò, “ …e mi faccia il piacere…”).
La transustanziazione porta, tra l’altro, ad altre situazioni grottesche tra cui l’impossibilità del celiaco di essere ordinato sacerdote, con un conseguente inaccettabile atto di discriminazione e razzismo da segnalare all’authority sulla concorrenza… (I preti sono stipendiati e, quindi, l’ordinazione sacerdotale, in definitiva, è una sorta di concorso truccato…)
Sull’argomento vedasi la “Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze episcopali circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica” datata 19 giugno 1995 [Notitiae 31 (1995) 608-610; Notiziario CEI 16 (1995) 280s; EV 14, 1694-1696; LE 5609] a firma dell’allora prefetto tale Card. Joseph Ratzinger e rinvenibile tra i Documenti di materia sacramentale emessi dalla Congregazione per la dottrina della Fede e riportati nel sito ufficiale della Santa Sede (http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/doc_sac_index_it.htm).
Il documento è eventualmente scaricabile dal sito http://www.ratzinger.us/modules.php?name=News&file=article&sid=81
Ulteriori informazioni sono reperibili nei siti http://www.celiachia.it/menu/faq/faq.aspx?idcat=14&idfaq=88 oppure al sito http://www.aiclombardia.it/Alimentazione/Comunicato_CEI.htm
Per completare, è il caso di evidenziare che nelle Chiese riformate il modo di concepire il sacramento eucaristico varia a seconda degli autori e delle chiese.
Per Lutero vi è la consustanziazione, in quanto nel sacramento vi è la presenza reale, cioè il vero Corpo ed il vero Sangue di Cristo, ma allo stesso tempo il pane e il vino mantengono la loro natura coe già precedentemente illustrato.
Per Calvino invece la presenza è solo spirituale, memoriale "sufficiente" dell'unico e perfetto sacrificio fatto una volta per tutte dal Cristo sulla croce. Perciò il cosiddetto carattere sacrificale della messa è negato, specialmente da Calvino ed i suoi seguaci.
La chiesa cattolica, invece si rifà alla fisica aristotelica attraverso Tommaso d’Aquino secondo il quale i sensi esplorerebbero solo le apparenze, non la sostanza: quello che si vede e si tocca sono le apparenze del pane e del vino, anche se la sostanza è del corpo e sangue di Cristo (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae IIIª q. 75 a. 5 ad 2).
D’altra parte chi ci dice che la fisica quantistica sia quella giusta?
Ah, dimenticavo… Avete mai fatto caso che il rito eucaristico di assumere (=mangiare) il corpo di Cristo non è nient’altro che l’ennesima forma di quella sorta di antico cannibalismo rituale detto “Teofagia” (mangiare la carne dell’animale che rappresenta la divinità) che è ancora oggi praticato da alcune tribù dell'Africa, della Nuova Zelanda e presso alcuni popoli della foresta Amazzonica…? (E, dunque, anche dalla tribù cattolica del vecchio e del nuovo continente?) Altro che fisica quantistica e relatività speciale, nano tubi, astrofisica, esplorazioni spaziali su marte di Opportunity e Spirit, RNA polimerasi, risonanza magnetica, doppler e microchirurgia vascolare …
Qui siamo quasi all’età della pietra, e chi è senza peccato ne scagli tosto una se non anco “la prima”… come disse quel tale disceso dalle stelle al freddo ed al gelo, cioè a dire il pilota dell’UFO atterrato a Betlemme due millenni or sono in una grottesca gelida notte del rigido inverno boreal-palestinese, reso ancor più gelido per il fatto che avevano spento da un pezzo i riscaldamenti perché lì erano tutti taccagni, anzi erano tutti veri e propri ebrei...
F.to: Calvin l’Utéro (alias Ratz Krapinger)